Descrizione
CAU, arrivato alla piena maturità d’artista, ha concepito centinaie piccole tavole in un momento di particolare grazia pittorica, in impeto quasi di poesia.
Egli, per intitolare ciascuna serie di tavole, ha fatto uso libero di notissime parole latine: tra le altre, “Gentium”, “Bellum Pax”, “Urbs”, Mare Nostrum.
Sono davvero interessanti i materiali con cui l’amplissima opera è stata posta in essere. Il pittore CAU ha utilizzato, a mano libera su cartoncino, la vecchia penna stilografica, caricata dal calamaio con inchiostro nero e blu, poi, per acquerellare, alcune penne di gabbiano come pennello dal lato delle piume (non della punta), imbevute d’acqua e dei colori rosso, nero, blu, davvero perfetti per l’arcobaleno. Il riferimento alla tipologia dei materiali adoperati è fondamentale, come ha esattamente sottolineato la storica dell’arte americana Anthea Callen: “Paradossalmente, le persone che scrivono d’arte trascurano spesso il lato pratico dell’oggetto del loro studio, concentrandosi soltanto sulle qualità stilistiche, letterarie o formali nel loro discutere di pittura. Di conseguenza, nella storia dell’arte si sono accumulati errori ed equivoci evitabili, ripetuti, poi, da successive generazioni di critici. Ogni opera d’arte è determinata, in primo luogo e soprattutto, dai materiali a disposizione dell’artista e dall’abilità di questi nel manipolarli. Così, solo tenendo ben presenti i limiti imposti a un artista da tali materiali e dalle condizioni sociali in cui egli opera, le caratteristiche estetiche e il posto dell’arte nella storia possono essere compresi in maniera corretta”.
Al pari di altri pensatori, che si sono cimentati sulla problematica del cammino dell’umanità, tra i quali spicca il filosofo Antonio Pigliaru, il pittore CAU, quale uomo e artista del presente, considera e rappresenta figurativamente la persona umana “uti singulus”, ossia come singolo soggetto privato, e “uti civis”, ossia come cittadino, nella sua personalità comunitaria. Quest’ultima connota marcatamente le tavole “Bellum Pax”, “Urbs”, “Gentium”, “Populus” e “Migranti”.
Questi lavori il pittore CAU è riuscito a manifestare pienamente la sua concezione dinamica della Storia di ieri e di oggi, che, come effetto diretto, genera la speranza comunitaria, costruttiva nel misurarsi umano con gli eventi non previsti.
Ferma restando la finezza stringata dello stile, le tavole illustrano, frequentemente, sotto l’aspetto sociale, oltre agli importanti momenti del Bene (con al culmine la “Sacra Familia”), situazioni d’angoscia, indigenza, patimenti a tutti i livelli e le Crocifissioni. Siffatte situazioni richiamano alla mente, sia pure in un’ottica particolare, il celebre verso di Dante: “Del viver ch’è un correr a la morte” (Purg. XXXIII, 54).
Poi, dall’osservazione delle tavole “Urbs” balza agli occhi che Roberto CAU ha ben assimilato il pensiero classico, sulle orme di Aristotele, secondo cui la “Città” è la rappresentazione della forma migliore di comunità umana, sebbene mai concretizzata nella sua forma perfetta, ma storicamente presente in una varietà di forme. Inoltre, il pittore CAU conosce i dolorosi fenomeni urbani dello spopolamento dei paesini, del difficoltoso insediamento dei migranti, delle megalopoli con le squalidissime periferie e le maggiori disuguaglianze tra gli abitanti. Perciò, egli raffigura, con intensità d’animo, ora l’incontro positivo ora il conflitto tra le varie componenti urbane, ponendo ottimamente in risalto la potenza del fattore aggregativo civico, che sospinge gli uomini verso il meglio, ma, quando è strumentalizzato, genera fatalmente le oppressioni. Ragion per cui, lo spirito di queste pitture si approssima all’acuto pensiero di Antonio Pigliaru che nel 1967 scrisse: “La città è per l’uomo e non l’uomo per la città” e “La democrazia è il movimento storico tendente a eliminare tutti i dualismi esistenti nella società civile”.
Mi piace sintetizzare così: un lavoro pittorico immenso, altamente artistico e altamente educativo. Agostino Cadoni
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